Settanta volte sette? Pena, giustizia, perdono

Da Babele alla Città Celeste

Un cammino del Collegio Gregorianum tra riflessione, testimonianza e impegno

a.a. 2024-2025

Ogni anno il Collegio Universitario Gregorianum arricchisce la propria proposta formativa con percorsi culturali e spirituali rivolti agli studenti residenti. Non si tratta di semplici conferenze o di lezioni parallele alla vita accademica, ma di occasioni preziose per stimolare il pensiero critico, aprirsi al dialogo e affrontare con coraggio tematiche che interrogano la coscienza e la vita di ciascuno.

Per l’anno accademico 2024/2025, la scelta del tema non è stata casuale. Dopo i tragici fatti di cronaca che hanno visto coinvolti Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, entrambi studenti dell’Università di Padova, la comunità del Collegio ha avvertito l’urgenza di interrogarsi sul senso della giustizia, sul valore della pena, sulla possibilità del perdono e del cambiamento. È nato così il percorso intitolato “Settanta volte sette? Pena, giustizia, perdono”, un cammino pensato per offrire ai giovani strumenti di conoscenza e occasioni di riflessione su un tema difficile ma decisivo per la convivenza civile.

“Fare giustizia”: due parole che risuonano con forza, soprattutto quando il male lascia dietro di sé dolore e ferite profonde. Ma che cosa intendiamo davvero con questo principio tanto invocato? È sufficiente infliggere una pena a chi ha commesso un reato, o la giustizia autentica si realizza quando riesce, accanto alla necessaria punizione ed al riconoscimento del dolore delle vittime, a promuovere percorsi di riconciliazione e di rinnovamento per chi ha sbagliato?

Incontri con testimoni del mondo carcerario

Il percorso si è articolato in più incontri, che hanno avuto come filo conduttore l’ascolto di testimoni diretti del mondo della giustizia e del carcere. Ogni appuntamento ha rappresentato un momento di incontro reale, in cui le storie personali hanno saputo aprire spazi di dialogo e di confronto.

Tra i relatori vi sono stati:

  • Michele Carotta, avvocato penalista vicentino ed ex studente del Gregorianum, che ha portato la sua esperienza di professionista del diritto;
  • don Mariano Dal Ponte, cappellano della Casa Circondariale di Padova, con la sua testimonianza di vicinanza pastorale a chi vive la detenzione;
  • i referenti del progetto Teatrocarcere Due Palazzi, Cinzia Zanellato, Stefania Limena e Attilio Gallo, che da anni utilizzano il linguaggio del teatro come strumento educativo e di riscatto all’interno della Casa di Reclusione di Padova;
  • una psicologa con esperienza professionale in ambito penitenziario;
  • un ex detenuto che ha raccontato la propria storia ed il proprio significativo cammino di rinascita e riscatto.

Ogni incontro si è concluso con un dibattito vivo, che ha dato agli studenti la possibilità di mettersi in gioco, porre domande, condividere dubbi e riflessioni personali.

Michele Carotta

Seminario dell’avv. Michele Carotta

Dall’ascolto all’impegno diretto: l’esperienza del Teatrocarcere

Il passo successivo è stato naturale: dall’ascolto delle testimonianze all’impegno concreto. Un gruppo di sei studenti del Collegio, quattro ragazzi e due ragazze, ha scelto di mettersi in gioco in prima persona, accogliendo l’invito a collaborare come volontari con il gruppo Teatrocarcere Due Palazzi, la cui attività è sostenuta dall’Associazione Universale Sant’Antonio.

L’esperienza non è nata dal nulla. Già nel maggio 2024 gli studenti del Gregorianum avevano assistito allo spettacolo “Nel segno di Giona”, messo in scena dalla compagnia di Teatrocarcere all’interno della Casa di Reclusione nell’ambito del Festival Biblico di Padova. Quel primo contatto aveva suscitato curiosità e interesse, come dimostra la risonanza di Michele Ceradini pubblicata nel giornale del collegio Egregi e citata anche nel blog del carcere “Ristretti Orizzonti“. Questi stimoli si sono trasformati in un vero e proprio impegno a partire da febbraio 2025.

Lpgo teatrocarcere due palazziI giovani si sono così recati settimanalmente in carcere per lavorare, insieme alle persone detenute, alla preparazione dello spettacolo “Dalla Babele alla Città Celeste”, un lavoro teatrale che intreccia simbolicamente le forze del male e del bene, mostrando come esse si manifestino nelle scelte quotidiane di ciascun individuo. Babele e la Gerusalemme celeste diventano così immagini concrete di percorsi opposti: da un lato la chiusura nell’egoismo e nella separazione, dall’altro l’apertura alla fiducia, al dialogo e alla costruzione di relazioni autentiche.

Particolarmente toccanti sono i testi autobiografici scritti dagli stessi detenuti-attori: pagine di dolore, di rimorso, ma anche di speranza e di ricerca di senso. Per i giovani volontari è stato un incontro diretto con un’umanità diversa dalla loro, spesso lontana, ma capace di insegnare molto.

Spettacolo Da Babele alla Città Celeste (foto Paolo Vannini)

Spettacolo Da Babele alla Città Celeste (foto Paolo Vannini)

La voce dei protagonisti

La regista Maria Cinzia Zanellato ha illustrato l’idea alla base della progettualità di Teatrocarcere in un recente articolo pubblicato dal quotidiano Avvenire il 22 agosto 2025 dal titolo “Grazie al teatro la Bibbia entra in carcere“, reperibile al seguente link.

Vincenzo Derobertis, ex alunno e tutor del Gregorianum, che ha accompagnato il gruppo dei giovani nel percorso di volontariato, ha raccontato così l’esperienza:

Per me e per tutti i giovani del Gregorianum il partecipare in qualità di volontari alle attività di Teatrocarcere è stato un insieme di “prime volte”: la prima volta in cui ci siamo avvicinati al mondo carcerario, nei confronti del quale nutrivamo curiosità ma anche non pochi pregiudizi, la prima volta che ci confrontavamo con il teatro sociale, un teatro diverso rispetto a quello al quale siamo abituati a pensare. Abbiamo imparato che la forza di questo teatro risiede nel fatto che gli attori entrano in contatto con la propria interiorità ricevendo dall’esperienza teatrale uno strumento con il quale dare voce a vissuti ed emozioni che difficilmente riuscirebbero ad emergere altrimenti. L’attore, in altre parole, recitando, parla di sé e con sé. È un dialogo che ruota attorno a sofferenze, fragilità, tentativi di riscatto, cadute e rinascite – esperienze che, in modi diversi, ci riguardano tutti – e che può svilupparsi solo all’interno di un clima di fiducia, rispetto, ascolto reciproco tra le persone che ne sono protagoniste. Il vedere maturare questo clima nel corso delle settimane, impegnarsi per curarlo, ognuno mettendo a disposizione del gruppo la propria sensibilità, perché, come tutte le cose preziose, è fragile, è quanto reputo essere più importante e significativo di tutta l’esperienza vissuta.

Posso dire di aver conosciuto un’umanità ricca, dotata di una spiccata sensibilità, che è stata in grado di educarci ad uno sguardo diverso, più umile, meno giudicante e, al tempo stesso, ci ha aiutato ad avere più fiducia in noi stessi.

Mi piace pensare che chi ha assistito allo spettacolo teatrale sia uscito dal teatro consapevole che l’essere umano è troppo ricco e troppo complesso perché la sua vita possa essere liquidata con uno slogan, che il finale della storia di ogni persona non è mai scritto in partenza e può essere anche molto diverso da quello che è stato l’inizio.

Anche Gabriele Bonaccini, uno degli studenti che ha preso parte all’attività di volontariato in carcere ed è uno degli attori nello spettacolo ha voluto lasciare la sua testimonianza.

“Per noi studenti del Gregorianum, il servizio di volontariato per il progetto Teatrocarcere è stato un percorso di crescita personale costituito da un susseguirsi di demolizioni e ricostruzioni.

In primo luogo abbiamo dovuto fare i conti con una realtà nuova. Abbiamo dovuto silenziare gli stereotipi e i discorsi da bar che riguardano il mondo carcerario. Entrando nel carcere, superando i muri e le divisioni, siamo stati scossi da emozioni e domande. Tutto ciò ha creato in ognuno di noi una crepa, che ci ha permesso di aprire gli occhi. Ci ha permesso di indagarci su quale giustizia desideriamo. Ci ha permesso di uscire dalla nube dell’indifferenza.

Man mano che iniziavamo a creare gruppo e rapporto con i ragazzi dentro, la crepa si allargava sempre di più. Attraverso il teatro, venivano sfondate tutte le limitazioni che ci separavano, riuscendo così a relazionarci in maniera autentica e genuina. È stato rimesso al centro il rapporto umano. Il guardarsi negli occhi senza giudizi. Ascoltare l’altro.

La crepa, dopo aver demolito, ha instaurato un seme di rinascita: il desiderio di tornare a essere umani. Ognuno di noi saliva, infatti, sul palco come sé stesso, senza nessuna etichetta. Non c’erano “i detenuti” e i “volontari”, ma c’era il gruppo. Gruppo che crede nella ricchezza dell’essere umano. Ovviamente è stato un processo graduale, maturato nel tempo, che ha avuto anche le sue difficoltà.

Alcune prettamente legate alle pratiche e norme giudiziarie. Altre, invece, legate ai terremoti interiori. Spesso ci è capitato di uscire dal carcere scossi. A volte per la portata di certe esperienze di vita che abbiamo ascoltato. Altre volte, invece, dalle parole di presa di coscienza, speranza e sogni dei ragazzi.

Siamo anche convinti che non avremmo visto un cambiamento se in primis non fossimo stati disposti a cambiare noi. È stata, ed è tuttora, una vera e propria demolizione e ricostruzione di noi stessi.”

Da Babele alla Città Celeste

Spettacolo Da Babele alla Città Celeste (foto Paolo Vannini)

Un messaggio che va oltre

Il percorso intrapreso dal Collegio Gregorianum dimostra come vivere l’università possa essere molto più che studio e ricerca: può diventare palestra di vita, luogo in cui i giovani si confrontano con le sfide del presente e imparano a guardare al futuro con uno sguardo più umano e più giusto.

La nostra Costituzione sottolinea che la pena non può ridursi a semplice castigo, ma deve avere una funzione rieducativa. Una prospettiva non sempre facile da accogliere. Eppure, l’esperienza dimostra che laddove la persona detenuta viene aiutata a prendere coscienza del male compiuto e sostenuta nel cammino di cambiamento, non solo la recidiva cala drasticamente, ma può nascere un percorso capace di restituire fiducia, ricostruire relazioni spezzate e, in qualche misura, alleviare il dolore delle vittime e delle comunità.

In un tempo in cui la giustizia viene spesso ridotta a slogan o contrapposta al perdono, il percorso fatto ci ricorda che al cuore dell’esperienza cristiana e della stessa convivenza civile vi è la consapevolezza che la persona umana vale sempre molto di più rispetto alle sue azioni e che per tutti vi è possibilità di cambiamento. È l’idea che anche da un grande male possa sorgere del bene e che vale la pena impegnarsi per questo.

CALENDARIO APPUNTAMENTI

Gli spettacoli teatrali sono inseriti nel cammino diocesano verso il Giubileo dei Detenuti.

Il debutto: emozioni e sorprese

Lo spettacolo ha debuttato il 14 giugno 2025 al teatro del Santuario di San Leopoldo Mandic di Padova, davanti a 120 spettatori, all’interno di un evento dedicato al tema della giustizia riparativa. Al termine della rappresentazione si è tenuta una tavola rotonda con la partecipazione, tra gli altri, della dott.ssa Irene Pagnano, vicedirettrice della Casa di Reclusione, e del prof. Antonio Bincoletto, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Padova.

Le altre facce della giustizia - Tavola Rotonda

Tavola rotonda Le altre facce della giustizia sulla giustizia riparativa presso il santuario di San Leopoldo Mandic a Padova

Un momento inatteso e significativo è stata la visita del card. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che ha fatto dono a tutti i presenti di un rosario e di un’immagine del Santo Padre. Un gesto che ha dato al gruppo un segno tangibile di attenzione e incoraggiamento!

L’evento è stato recensito dal podcast di Radio Vaticana e Vatican News I Cellanti 08.06.2025, con la speranza si può andare “oltre le grate” che ha raccolto la testimonianza di Vincenzo Derobertis (QUI si può riascoltare l’intervista dal minuto 12).

QUI potete trovare la locandina dell’evento.

Da Babele alla Città Celeste

Spettacolo Da Babele alla Città Celeste (foto Paolo Vannini)

Il soggiorno a Cellole

Dal 18 al 21 settembre, gli attori di Teatrocarcere Due Palazzi e del Gregorianum hanno vissuto alcuni giorni di fraternità presso il suggestivo Monastero di Cellole, immerso nelle colline di San Gimignano.

Circondati dalla natura e da un paesaggio fiabesco, accolti dal clima ancora estivo e dalla premurosa ospitalità dei monaci residenti, guidati dal priore Emiliano Biadene, il gruppo ha potuto trascorrere giornate di spensieratezza, condivisione e preghiera.
Un’esperienza intensa, che ha permesso ai partecipanti di rafforzare i legami di amicizia e la complicità costruita nel tempo attraverso il teatro e la vita comunitaria.

Momento culminante del soggiorno è stata la rappresentazione dello spettacolo “Da Babele alla Città Celeste”, messo in scena nella suggestiva Pieve di Cellole di fronte a un pubblico di circa 100 spettatori.

Attività presso monastero di Cellole

Attività presso monastero di Cellole

La Pieve di Santa Maria Assunta a Cellole

La Pieve di Santa Maria Assunta a Cellole

Una nuova tappa: lo spettacolo a Torreglia

Il 27 settembre 2025 lo spettacolo “Dalla Babele alla Città Celeste” è stato replicato al Teatro La Perla di Torreglia, davanti a 400 spettatori che hanno riservato agli attori una prolungata standing ovation finale!

Dopo lo spettacolo, il dialogo è proseguito con due ospiti: Simone Grigoletto, docente dell’Università di Padova, e Morena Garbin, educatrice.
L’evento è stato promosso con la collaborazione della Parrocchia di Torreglia e patrocinato dai Comuni di Padova e Torreglia.

La scelta di Torreglia porta con sé un valore particolare. Questa comunità, di cui Filippo Turetta faceva parte, profondamente lacerata da quanto accaduto a fine 2023, ha accolto un messaggio diverso: quello della speranza che, anche davanti al male e al dolore, la vita possa sempre aprirsi a possibilità nuove.

L’evento è stato recensito dal podcast di Radio Vaticana e Vatican News I Cellanti 19.10.2025, con “Babele” s’incontrano a teatro studenti e detenuti che ha raccolto le testimonianze di Stefania Limena, formatrice di danza inclusiva, e di Gabriele Bonaccini, studente attore (QUI si possono riascoltare le interviste dal minuto 16).

La recensione su Ristretti Orizzonti e quella su La Difesa del Popolo.

QUI  potete trovare la locandina dell’evento.

Lo spettacolo al Teatro Ferrari di Camposampiero

Il cammino prosegue. Il prossimo 22 novembre 2025 alle ore 17.00, lo spettacolo “Dalla Babele alla Città Celeste” sarà replicato al Teatro Ferrari di Camposampiero, con ingresso libero.

L’evento è promosso anche dal blog Sulla strada di Emmaus di don Marco Pozza, cappellano del carcere Due Palazzi di Padova.

QUI  potete trovare la locandina dell’evento.

Da babele alla Città Celeste - un sentiero di speranza

Da babele alla Città Celeste – un sentiero di speranza