Federico Pini, il nuovo Chimico Gregoriano

Federico Pini, studente al Collegio Gregorianum da ormai sei anni, si è laureato lo scorso 24 settembre in Chimica con voto 110 e lode ed in occasione di tale evento ci ha rilasciato questa intervista.

Per quali motivi hai scelto questo percorso? (sia la laurea triennale che, nello specifico, la laurea magistrale) C’è stato un evento, un episodio, un oggetto o una persona particolare che ti ha appassionato alla chimica e che ti ha spinto ad intraprendere tale laurea?

Federico con la sua tesi magistrale.

Diciamo che sono sempre stato curioso. Poi durante il liceo ho avuto la fortuna di avere un ottimo professore di matematica e fisica, che è riuscito a razionalizzare la mia curiosità. Riguardo all’interesse specifico per la chimica, diciamo che fino alla quinta liceo non era particolarmente sviluppato, poi in vista del possibile esame di maturità con chimica in seconda prova (che poi non c’è stata chiaramente) ho deciso di approfondirla meglio. Per farlo mi sono rivolto ad un vecchio collega di mio nonno che insegnava all’itis di Mantova, e grazie a lui ho sostanzialmente capito che la chimica non era fatta    di regole arbitrarie da impararsi per la verifica successiva.
Di conseguenza il mio rapporto con la chimica era molto giovane quando ho dovuto scegliere l’università e sostanzialmente sapevo molto poco di quel mondo. Quello che mi ha convinto di questo percorso è stato il ventaglio di possibilità che offriva, da un lato la ricerca della comprensione dei meccanismi intimi dei fenomeni naturali e dall’altro la spendibilità in termini lavorativi.
Riguardo poi alla scelta della magistrale diciamo che l’ho considerata una naturale prosecuzione del percorso che avevo cominciato tre anni prima. Come materie e come impostazione i primi tre anni mi erano piaciuti, quindi ho deciso di continuare su quella strada. Poi diciamo che la magistrale, tranne i primi corsi obbligatori, era impostata con un’ampia scelta di corsi opzionali che quindi mi hanno permesso di approfondire gli argomenti che più mi interessavano anche in vista della tesi.

Guardando indietro in questo tuo percorso, sapresti trovare dei momenti positivi a cui tieni maggiormente?

Sicuramente il primo anno, per quanto impegnativo, mi ha dato delle grandi soddisfazioni, perché mi è sembrato di avere un mondo immenso da esplorare, in cui quasi ogni cosa mi meravigliava.
Un altro periodo che sicuramente mi ha lasciato tanto è stato quello della tesi magistrale, un po’ perché ho ritrovato la meraviglia del primo anno nello scoprire cose nuove e un po’ perché mi sono trovato molto a mio agio nel gruppo di ricerca con gli altri tesisti e i ricercatori.

Ricordi invece delle difficoltà? Come sei riuscito ad affrontarle ed a superarle?

Sicuramente l’anno in cui ho avuto più difficoltà è stato il terzo, principalmente sotto il profilo psicologico credo. L’alternarsi di esami e laboratori praticamente senza interruzione da ottobre a marzo mi aveva abbastanza sfiancato e il dover entrare in tesi già durante la sessione invernale per potersi laureare a luglio sembrava allungare più del dovuto il tunnel. Per quanto riguarda il superare queste difficoltà diciamo che ho tenuto duro, mi sono dato degli obbiettivi temporali molto chiari e mi sono impegnato per rispettarli. La ricompensa è stata l’estate del 2018, che mi ha permesso di ricaricare le pile e arrivare tranquillo alla magistrale.

In che modo hai conosciuto il Collegio? In quale modo il Collegio Gregorianum ti ha aiutato nel tuo percorso di studi? Guardando indietro quale ritieni essere il maggiore contributo che esso ti ha dato?

Federico sulla sedia gestatoria sul Ponte Balbino del Nunzio.

Credo di averlo trovato su internet, poi avevo fatto il colloquio d’ammissione anche in un altro collegio padovano, ma alla fine ho scelto il Greg perché mi era piaciuto molto di più il rapporto che c’era tra gli studenti incontrati ai colloqui di ammissione.
Sicuramente il collegio mi ha aiutato dandomi tante amicizie. Penso che il punto di forza di un ambiente come quello del collegio sia il suo metterti di fronte alla molteplicità delle idee, delle opinioni e dei modi di pensare. Mi spiego meglio: probabilmente il rischio dello studio è la compartimentazione degli approcci critici a determinati problemi, come se un determinato modo di pensare sia applicabile solo a determinati contesti. In collegio, incontrandosi e confrontandosi quotidianamente con persone con background molto diversi, per percorso di studi, provenienza, personalità… si è costretti ad una sorta di permeabilizzazione delle idee. La conclusione naturale di questo processo è lo sviluppo di un pensiero critico molto generalizzato.

Ora stai facendo il dottorato: cosa ti aspetti da esso?

Diciamo che, come la scelta di studiare chimica, anche la scelta di fare il dottorato è arrivata un po’ all’improvviso. Sicuramente il dottorato è un percorso impegnativo e richiede molta passione per quello su cui si fa ricerca. Fortunatamente la mia curiosità non si è esaurita in questi cinque anni, e capire come funzionano le cose mi intriga ancora. Quello che spero è che il dottorato mi offra la possibilità di sviluppare competenze di alto livello professionale, ma anche, dato il carattere internazionale, mi permetta di creare una rete importante di conoscenze ed amicizie.

Successivamente vorresti rimanere nell’ambito accademico o vorresti entrare nel mondo del lavoro?

La mia idea è di entrare nel privato, l’ambito accademico ha tante attrattive ma anche molti svantaggi una volta finito il dottorato.

Da quest’anno sei tutor delle matricole per argomenti inerenti alla chimica: com’è come esperienza?

Finire dall’altra parte della cattedra è senz’altro strano, il punto di vista con cui si guarda ai concetti cambia radicalmente. In particolare seguire i nuovi studenti in un percorso di tutorato è un’esperienza interessante e formativa, principalmente perché si deve partire dalle domande di ragazzi con background molto diversi e con percorsi di studio variegati. Diciamo che si tratta di un approccio trial&error perché chiaramente si deve essere completi nelle spiegazioni, ma anche tararle per centrare le esigenze di corsi di laurea con poco in comune tra loro.

In che modo la pandemia ha influenzato la tua laurea? Ti ha precluso qualcosa?

Federico sulla sedia gestatoria in Via Giuseppe Colombo.

Fortunatamente sono stato tra i pochi che sono riusciti a laurearsi in presenza quest’anno, inoltre avevo finito gli esami a febbraio, quindi non ho avuto esperienza diretta della didattica a distanza.
Dal punto di vista della tesi, la pandemia ha sicuramente influenzato i miei progetti: chiaramente ho dovuto ridimensionare in maniera significativa la parte sperimentale, dall’altro lato però le chiusure di marzo mi hanno dato modo di sviluppare una parte teorico/computazionale che non avrei affrontato altrimenti. L’altro aspetto che si è presentato alla riapertura di aprile/maggio è quello delle normative anticovid, che chiaramente hanno costretto me e gli altri tesisti ad accordarci con delle turnazioni per andare in laboratorio, rallentando leggermente il lavoro (anche se in realtà avendo un laboratorio abbastanza spazioso non sono state necessarie delle grandi rinunce da parte di nessuno). A parte questo, c’è stata solo qualche sudata quest’estate, dovendo lavorare in mezzo ai laser (che sfiatano aria calda) con mascherina, guanti, camice e occhiali, ma niente di insopportabile considerando la situazione.

Quale consiglio ti senti di dare a coloro che hanno intrapreso o stanno intraprendendo il tuo percorso?

Fate le cose con calma, non serve a nulla correre per ottenere dei risultati che non ti soddisfano. E poi in ogni esame, anche quello che non c’entra nulla con quello che volete fare in tesi o nel futuro, sforzatevi di trovare l’argomento che possa interessarvi, alla fine fa la differenza tra un buon voto e uno mediocre.

 

Titolo della tesi: “Laser assisted synthesis and modelling of plasmonic broadband light absorber for photothermal applications”
Relatore: Prof. Vincenzo Amendola

Dottorato: “Upconverting nanoparticles for fluorescent imaging and biosensing”
Supervisori: Prof.ssa Marta Maria Natile (Università di Padova), Prof. Niko Hildebrandt (Université de Rouen-Normandie)