Tutto cominciò nel luglio del 1991, un pomeriggio ricevetti una telefonata di Alessandro: mi invitava a partecipare ad un’escursione in montagna, lui quell’anno era matricola di Fisica, io al terzo anno di Ingegneria ed era il mio primo anno da presidente degli studenti. L’invito giunse inaspettato, ma accettai senza indugi: durante l’anno appena trascorso in collegio tra noi era cominciata una felice intesa, spesso tra un’ora di studio e l’altra condividevamo pomeriggi e serate: basket, ping-pong, scopone scientifico e briscola vigliacca (assieme ad Enrico, David e Nicola) e poi questa volta non potevo proprio tirarmi indietro… in fondo sono socio CAI quasi dalla nascita.
La gita si rivelò ben più impegnativa del previsto: 1400 metri di dislivello per raggiungere, nel cuore delle Marmarole, il rifugio Tiziano dalla Val Da Rin. L’allenamento era praticamente nullo, lo zaino pesava quanto un macigno, dopo due ore di cammino avevo già le vesciche ad entrambi i talloni dei piedi, la salita non accennava a diminuire, e sarebbe continuata così fino al rifugio. La cena a base di minestrine liofilizzate aggiunse un gusto “alpinistico” all’avventura (certe situazioni portano a considerare gradevoli alimenti che tra le pareti domestiche non si mangerebbero nemmeno sotto tortura). Il giorno dopo, però, la traversata verso il bivacco Musatti si svolse in ambiente veramente grandioso e quasi mi ha fatto dimenticare i dolori ai piedi (talloni ormai in carne viva). Eravamo scortati da un branco di grossi stambecchi dallo sguardo altero, per niente impauriti (forse un miraggio per la vista appannata dalla fatica). Dopo aver percorso in gruppo, con passo tranquillo zizzagando non senza disinvoltura lungo gli aerei pascoli della cresta di collegamento verso il Meduce di Dentro, una volta scollinato, la sosta, mio malgrado, fu breve a causa del repentino peggioramento delle condizioni atmosferiche. La successiva discesa per nevaio non mi risultò per niente agevole (eufemismo per dire di un prolungato scivolone su neve ghiacciata prontamente frenato dal Bat). Per la pioggia incipiente mi fu negato anche il minimo riposo e ristoro sotto l’accogliente latta del bivacco Musatti, cui agognavo fin da quando l’avevo scorto, rassicurante macchiolina rossa persa nel verde dell’ampio vallone.
La discesa, sotto l’acquazzone, con i muscoli ormai sfatti e le ginocchia completamente imballate, si svolse in maniera decisamente fantozziana, ricordo una grottesca calata tra i mughi assicurato con un imbrago modello mortadella, dimensionato sulle misure di Alessandro da bambino, e poi un penoso arrancare in mezzo al bosco, al suo traino in quanto non ero in grado di camminare nemmeno nei tratti pianeggianti!
Un inizio del genere avrebbe potuto porre fine ad ogni velleità alpinistica dei Gregoriani, ed invece su questa esperienza si è cementata un’amicizia che ha portato alla nascita del Gruppo Escursionistico.
Le escursioni si sono via via moltiplicate, fino ad assumere un’organizzazione sempre più articolata con programmi annuali, relazioni tecniche, iscrizioni formali. Ai fondatori (Alessandro Battaglia, Giorgio Candeago, Giuliano Giacomelli, Enrico Massenz, Alberto Scarpis e Andrea Zanetti) si sono uniti di volta in volta nuovi studenti, ed il gruppo storico del primo anno con Stefano Stiz (il fotografo con il suo mitico treppiede), Sandro Della Libera e Alberto Bastianello è cresciuto e ha lasciato alle generazioni successive il gusto e la passione per una montagna vissuta in compagnia.
Con il passare degli anni l’esperienza è aumentata: la Civetta, le ferrate lungo le cenge del Brenta, il Catinaccio, i Monti di Fundres e il ghiacciaio dell’Adamello…
In preparazione dei trekking estivi di fine luglio, appuntamento ormai fisso per molti, si sono aggiunte le escursioni primaverili sulle prealpi. Gite di un giorno, magari rubando qualche ora di lezione il venerdì, o di due pernottando in bivacco. Memorabile quella al bivacco Bedin, quando nel cuore della notte il piccolo fabbricato già stracolmo è stato “invaso” da una famigliola la cui tenda era stata allagata dall’improvviso acquazzone.
Poi sono venute le famose gite enogastronomiche con pernottamento in malghe e casere, con corredo di grigliata, polenta e vin brulè,… la legna da spaccare e l’illuminazione a candele. L’indimenticabile traversata dalla Val Cimoliana a Caralte di Perarolo dormendo a casera Laghet de Sora e con pranzo nell’incantevole alpeggio di casera Cavalet ne ha inaugurato una lunga serie. Tra i partecipanti a questa escursione, oltre a Pauli Sava, e gli immancabili Stiz e Battaglia, c’erano quasi tutte le matricole di quell’anno (Alessandro Borsetti, Gianluca Busato, Matteo Butussi, Alberto Corso, Alberto Segabinazzi, Matteo Schivo, Alessandro e Enrico Tittonel) e su quel nucleo si è formata l’ossatura del gruppo per gli anni successivi.
In autunno invece attorno al focolare si cucinano le immancabili caldarroste bagnate dal vino nuovo del Titto (amorevolmente trasportato nel comodo bottiglione in vetro da due litri).
Negli ultimi anni al gruppo si è felicemente unito don Renato che ci ha accompagnato anche su più aspri percorsi di carattere quasi alpinistico: dal Sentiero Costanzi sul Brenta Settentrionale alla Cengia Paolina (non è un sentiero, come ci ha prudentemente ricordato quella volta il gestore del Rif. Giussani).
Nell’estate del 2001 abbiamo festeggiato il decennale della nascita del Gr.E.G. sui luoghi della prima gita, ampliando la conoscenza delle Marmarole: questa volta abbiamo percorso interamente quella Strada Sammarchi che non a torto il Berti definisce “magnifica passeggiata di crode”.
Il testimone è ora affidato nelle salde mani dell’attuale presidente degli studenti, Marco Franceschi (gregoriano di seconda generazione, figlio di Arrigo) che ha festeggiato la sua elezione con una bella escursione alla Casina Cogorna sulle Giudicarie con partenza dal suo maso di Favrio.
Nel libro dei desideri, però, ci rimane ancora una puntatina sul Pan di Zucchero, al culmine della Val Ridanna, per emulare la storica impresa di cui don Ivo tante volte ci ha reso partecipi con i suoi racconti e che a buon diritto gli vale il titolo di socio onorario del Gruppo Escursionistico Gregorianum.
Alberto Scarpis, Direttore
Studente al Gregorianum dal 1988 al 1995
Presidente degli studenti dal 1990 al 1992
Album disordinato di montagne
Capita ogni tanto, per un motivo o per l’altro, di riaprire dei cassetti di una scrivania in cerca di qualcosa e ritrovare, in ordine sparso, pacchi di foto del periodo universitario. Cosí ad un campo grigio e senza un filo d’erba sul quale uniche a risaltare sono le maglie verdi della tua squadra, può seguire l’immagine di un laureato attorniato da un’orda di gregoriani in festa (glielo leggi dagli occhi!).
Le piú numerose peró fermano le montagne: quelle coi cieli di un azzurro-polaroid e ben inquadrate riconosci subito chi le ha scattate. É bello questo disordine perché nell’andare da una forcella ad una vedretta, da un’assolata giornata primaverile ad una nitida serata autunnale è un po’ uno zibaldone di ricordi, pensieri ed emozioni. E cosí al di la delle nostre montagne incantate (le Dolomiti venete, trentine e furlane intendo, nessuno me ne voglia), rivedi dei momenti, dei fotogrammi per l’appunto, che riassumono lo spirito della montagna, il manifestarsi di Dio oltre che nella roccia, nei torrenti, nei ghiacciai, nei fiori, nei tramonti, negli elementi della natura insomma, nell’umanità e nei gesti delle persone. Il peso dello zaino, una stretta di mano all’uscita di un percorso impegnativo, la rinuncia ad una cima pochi metri prima della vetta, le cure premurose da parte di un compagno futuro medico, la gioia della foto tutti assieme attorno alla croce di vetta, la soluzione di un esercizio di fisica in baita tra una salsiccia e l’altra, la fatica o la paura sul volto di un tuo compagno stremato o in difficoltà, l’allegria gioiosa in camerata, l’andar per monti ciascuno col suo compito (chi procurare l’acqua, chi la legna, chi preparare la cena), il canto dentro combattute gallerie di guerra, il tentativo di far vedere a chi non può le meraviglie che tu invece puoi contemplare, la generosità dell’aiutarsi e sostenersi, una messa alpina ai piedi della Regina, il ritrovarsi alla sera assieme attorno alla stube in rifugio o al focolare in bivacco, sono le istantanee che alla fine rimangono dentro, impressionate nella pellicola dell’anima.
Così, a ben vedere, quelle altimetrie di cime, ferrate e forcelle dalla pura dimensione verticale (il verticale della gravità, dell’abisso intendo) sono divenute altimetrie della propria dimensione spirituale, percorsi di crescita, sentieri di incontro, occasioni di amicizia. E si capisce anche che, ogni tanto, come in salita stanchi per la fatica o incantati dalle vedute (o, piú spesso entrambe!), e’ giusto fermarsi, e sostare; sostare per ringraziare Dio, che ha reso possibile tutto ciò. Allora grazie, Signore delle Cime, per aver donato a noi della pianura queste vette da salire; ma grazie, ancor di più, per averci messo accanto compagni ed amici veri con cui percorrerle.
Alessandro Battaglia
Studente al Gregorianum dal 1991 al 1996
Assistente dal 1996 al 2002