Sebastiano Morale, dopo essersi laureato con 110 e lode il 3 luglio 2023, racconta del suo percorso al
Gregorianum e del suo percorso di studi in questa intervista, fatta nei suoi primi giorni da
specializzando
Perché hai scelto di studiare medicina?
Scelsi questa facoltà per un’egoistica sensazione di benessere che mi dava il frequentare il reparto da clown di corsia. Ero molto appassionato di matematica e intendevo proseguire in quel senso, cambiai idea quando decisi di focalizzarmi sulle caratteristiche che desideravo per il mio futuro lavoro, volevo avere un impatto diretto ed immediato sulla gente.
Come prosegue il tuo percorso dopo l’università? Cosa ti aspetti dal tuo percorso di
specializzazione?
Ho iniziato la specializzazione in medicina d’urgenza, dopo aver appurato che in reparto l’aspetto burocratico della medicina è molto più presente rispetto alla frenesia del Pronto Soccorso. Mi aspetto di acquisire una vasta, se pur non profonda, conoscenza di tutti gli aspetti della medicina, che vanno dalla classica diagnosi e terapia alla più complessa umana gestione del paziente. Soprattutto, mi aspetto di acquisirla, non tanto sui libri, quanto sul campo, grazie all’incredibile affluenza di pazienti in PS.
Medicina è un percorso molto lungo, quali sono state le difficoltà?
In tutti i percorsi universitari la difficoltà principale risiede nel chiarire le proprie priorità, troppo spessoci si sente pressati dall’ambiente o da sé stessi a dover fare sempre di più, studiare sempre di più e non essere mai abbastanza. La mia priorità è sempre stata la mia salute mentale, riconoscevo i miei limiti e mi concedevo il giusto riposo senza rimorso, cercavo di mantenermi gentile verso me stesso.
L’Università, medicina in particolare, è una lunga corsa, bisogna riuscire a gestire la propria energia.
Come hai intenzione di proseguire la tua carriera dopo la specialistica?
Sicuramente continuando a studiare e a formarmi, per il resto, non ho particolari ambizioni: mi piacerebbe prendere un dottorato di ricerca qualche anno dopo la specializzazione, sicuramente lavorare in Pronto Soccorso e 118 il più possibile, vorrei dedicarmi alla divulgazione di cultura medica sia in materia di prevenzione che di primo soccorso, mi piacerebbe insegnare nelle scuole. “Sii il meglio di quello che sei”, è questo quello a cui aspiro.
C’è un momento del tuo percorso accademico che ricordi con soddisfazione?
Banalmente in giorno della mia laurea, quando ti rendi conto di quanta strada hai fatto e dei risultati di tutti i tuoi sforzi.
Perché hai scelto di vivere in collegio? Quali sono state le attività interne previste dal collegio che ti
hanno maggiormente attratto?
Per provare una nuova esperienza. Ho vissuto un anno in un appartamento condiviso, dopodiché ho deciso di cogliere questa nuova opportunità, non me ne sono pentito, ci sono rimasto per cinque anni.
In collegio hai vissuto in un ambiente multiculturale e multietnico, come è stato e cosa ti ha
insegnato?
Le differenze in collegio, che sia la facoltà che fai o la cultura a cui appartieni,
sono semplice e continua fonte di arricchimento, è come aprire una porta su mondi a te lontani che, però, hanno molto da insegnarti e da cui puoi trarre spunti di crescita culturale e personale. Ricordo con molta nostalgia alcune festività passate in collegio tra i pochi che non erano riusciti a tornare a casa e che formavano un lungo tavolo di gente da tutto il mondo che, in un modo o nell’altro, si ritrovavano a festeggiare insieme, mangiare, bere e cantare.
Ho cominciato come collaboratore cultura, per poi passare ad incaricato servizi e, infine, Presidentedell’Assemblea. Il ruolo che mi ha più divertito è stato sicuramente quello di barista, aver il controllo della musica in sala comune è sicuramente un potere non da poco.
Quale è stata l’esperienza in collegio che ricordi con maggior piacere e quale quella che ti ha
aiutato maggiormente durante il tuo percorso accademico?
Risposta facile: la quarantena del Marzo 2020. Siamo rimasti in 15 residenti, in un posto capace di ospitarne 80, forse gli unici privilegiati in Italia a godere di così tanto spazio. È stata un’esperienza molto difficile da descrivere a parole e, per questo, non lo farò. Come molti, conserverò un ricordo unico di quel periodo, come unica è stata la situazione da tutti vissuta; come pochi, purtroppo, il mio ricordo sarò positivo e nostalgico.
Quali sono gli ideali che ti hanno mosso nel momento in cui hai deciso di dar vita al progetto “Can I
Touch You” e quali sono i suoi scopi? Cosa vorresti per il suo futuro?
Il progetto “Can I Touch You” è, in breve, un’occasione in cui gli studenti del Collegio “non medici” si sottopongono volontariamente ad un esame obbiettivo (la semplice “visita medica”) eseguito dagli studenti di medicina (sempre interni al Collegio). Nasce con lo scopo di permettere ai futuri medici di sperimentare e far pratica di nozioni spesso lette solo nei libri, di entrare in contatto fin da subito con “il paziente”, di mettersi alla prova e limitare il rischio di farsi trovare impreparati quando ci si dovrà confrontare bruscamente con la realtà della corsia. Inoltre, una continua pratica su soggetti sani permette di acquisire un’ottima conoscenza dei reperti fisiologici che caratterizzano un esame obbiettivo, il che facilita il futuro riscontro di reperti patologici. Mi piacerebbe che venisse portato avanti e implementato con nuove procedure pratica da poter sperimentare in un ambiente sicuro, un incremento della frequenza degli incontri e, perché no, un’apertura anche agli studenti esterni al collegio per candidarsi come modelli volontari.
Hai qualche consiglio per una persona che intende iscriversi alla tua stessa facoltà?
Il mio unico consiglio è di pensarci bene, di capire quali sono i motivi profondi che spingono verso questa scelta e comprendere se sono abbastanza solidi per poterla portare a termine. Vedo costantemente testimonianze di medici rassegnati, infelici, insoddisfatti, forse perché cercavano soldi e potere, forse perché cercavano approvazione; sono sicuro che molti di questi avrebbero beneficiato di una scelta diversa e, oltre loro, anche i loro pazienti.